Durerà o no il Governo Berlusconi? Forse ci apprestiamo a vivere un autunno caldissimo, ma nel frattempo nulla cambia per gli enti locali. I Comuni sono sotto assedio. Ci hanno tolto l’Ici e gli altri trasferimenti, ci hanno legato le mani con il patto di stabilità, ci chiedono di continuo altri sacrifici… Il prossimo sarà toglierci il controllo dei servizi idrici. Non bastano le norme sempre più restrittive in materia di autonomia di spesa degli enti locali. Non bastano le ristrettezze crescenti di una manovra economica che ancora una volta del federalismo utilizza soltanto il nome, ma di fatto lascia sempre a Roma la stanza dei bottoni. Sull’acqua e sulla sua disponibilità si misura oggi una battaglia democratica fondamentale, di cui gli enti locali devono farsi portavoce. Anche il Comune di Cadoneghe ha dato il proprio apporto, sostenendo la campagna “Acqua bene comune” promossa dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, che si è appena conclusa in tutto il territorio italiano.
La risposta dei cittadini e delle famiglie che hanno aderito alla raccolta di firme per promuovere i 3 referendum sulla proprietà pubblica dell’acqua ci fa capire, pur nella limitatezza territoriale dei dati, quanto l’importanza della questione sia stata recepita. I cittadini hanno capito che la posta in gioco è alta: il nostro Parlamento ha adottato quasi in sordina un provvedimento che obbliga i Comuni a mettere le loro reti sul mercato entro quest’anno, anche quando i servizi funzionano perfettamente e i conti tornano.
La verità è che l’acqua è il business del futuro e ora rischia di non essere più diritto collettivo e di diventare un bisogno individuale, una merce come un’altra che si può avere solo pagando. La raccolta di firme è stato un atto democratico di importanza fondamentale, perché ha messo i cittadini nella condizione di capire che se i Comuni perdono anche il controllo dell’acqua e delle fognature, andrà perduto un altro presidio di sorveglianza del territorio, cioè una parte importante della stessa ragione d’essere di un governo locale vicino alle esigenze primarie dei cittadini, ai loro diritti fondamentali. Solo la gestione pubblica dell’acqua può garantire equità.
I privati, com’è logico che sia, ragionano in termini di ritorno degli investimenti, non di bene comune. Ma non è solo una questione di principio, perché le conseguenze della progressiva esclusione degli enti locali dalle funzioni di controllo del ciclo integrato dell’acqua possono trasformarsi in una vera e propria impossibilità ad agire, a comprendere le dinamiche e le necessità espresse a livello territoriale locale. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
La cancellazione degli Ato dalla gestione del ciclo integrato dell’acqua avverrà di fatto entro il 31 dicembre 2010; entro tale data la Regione dovrà legiferare sul riordino territoriale che vedrà la sostituzione di vari Ato, fra cui probabilmente il nostro, l’Ato Brenta, con un unico coordinamento regionale. Non occorre essere dei veggenti per capire che si tratterebbe di un provvedimento grave: attualmente Ato Brenta coordina gli interventi idraulici su un territorio che comprende 73 Comuni di 3 province (Padova, Vicenza e Treviso), per un totale di 522 mila abitanti, e rappresenta una dimensione amministrativa ottimale, con bassi costi di struttura.
Centralizzare tutto in pochi Ato significa non solo andare contro i principi del federalismo, allontanando di fatto i centri decisionali dal territorio, ma anche consegnare poteri assoluti ai Comuni capoluogo. Occorre dirlo con chiarezza: il valore dei gestori locali, come Etra, nel nostro caso, non va disperso. Etra – gestore salvaguardato che oggi ha l’incarico dall’Ato – raggiunge oggi un fatturato di 160 milioni di euro e da sempre riversa sul territorio forti investimenti per il miglioramento e la salvaguardia della qualità dei servizi. Gettare via tutto questo sarebbe da irresponsabili e andrebbe a vantaggio di realtà private – magari grandi multinazionali – che nulla avranno a che vedere con il territorio. A fine anno ci saranno le gare. Sarà una partita cui i Comuni non potranno mancare.
Ce lo chiedono i cittadini, ce lo chiede il buon senso.
Mirco Gastaldon, sindaco di Cadoneghe